#SpazioTalk, Fabio Felline: “A volte il mio ruolo è sottovalutato dai media, ora sono un uomo squadra”
Fabio Felline ha trovato nella Astana – Premier Tech la casa in cui costruire anche i prossimi anni della sua carriera. Il corridore piemontese, passato alla formazione kazaka nel 2020, ha rinnovato il proprio contratto quest’inverno firmando un nuovo biennale che gli permetterà di proseguire il proprio lavoro per il team World Tour a cui è approdato dopo la lunga esperienza in Trek-Segafredo. Quarto nell’epica tappa dei muri della Tirreno-Adriatico 2021 e nella prima frazione del Tour of the Alps 2021, il classe ’90 si è speso per i propri compagni nel corso di questa stagione, ritagliandosi un ruolo diverso da quello di cacciatore di tappe a cui aveva dedicato la prima parte della sua carriera. Felline ha concesso un’intervista esclusiva ai nostri microfoni, di cui un estratto è andato in onda nel podcast SpazioTalk.
Come valuti il tuo 2021? Sei soddisfatto dei risultati ottenuti o ti aspettavi qualcosa di più?
Onestamente non sono molto soddisfatto, per quello che riguarda il livello personale. Secondo me Fabio Felline dev’essere visto con un altro occhio rispetto a 5-6 anni fa, quando ero sempre libero di correre per arrivare al risultato e quando non arrivava era un fallimento. Oggi sono devoto alla causa della squadra. Poi, quando posso provare a fare la corsa, io ci provo. Non ho avute tantissime occasioni, ma è normale perché è il mio ruolo. Tra le cose di cui si è parlato per il prossimo anno è che il mio obiettivo principale in Astana sarà essere uomo squadra. Se poi dovessero esserci delle possibilità di risultato personale o delle gare in cui posso giocarmi le mie carte, magari sapendolo prima, mi farò trovare pronto.
In alcuni casi hai dovuto adattarti alla situazione di corsa, quest’anno?
Sì, ma è normale. Faccio un esempio: quest’anno sono andato alla Tirreno-Adriatico per lavorare per la squadra. Poi per una dinamica di corsa le cose sono cambiate, Fuglsang mi ha detto che sarei stato libero. Quel giorno ho fatto quarto. Volutamente il giorno prima avevo fatto gruppetto, perché non facevo classifica alla Tirreno. Se il giorno prima fossi anche salito con calma e anziché prendere un quarto d’ora avessi preso sette minuti, sarei arrivato sesto o settimo nella generale. Però avevo un altro obiettivo, pensare alla squadra. Lo stesso è stato al Giro. Ripeto, è normale dinamica di corsa.
Nel 2015, in Trek, ero al Giro con il ruolo di battitore libero su 19 tappe su 21. È normale quindi che avessi più possibilità. Ora non ho più 25 anni, ma vado per i 32, devo anche pensare in cosa sono una garanzia. Oggi mi viene difficile dire “Vado a quella corsa e garantisco il risultato pieno”, ma posso garantire un gran lavoro per i compagni. Il problema è che Fabio Felline non è ancora visto come se si fosse, passatemi il termine, “riciclato”, nel ruolo di uomo squadra, ma viene sempre visto come leader. Se tiro non è perché non sto bene, ma perché il mio compito è tirare.
E questa cosa di essere visto in modo sbagliato ti ha dato fastidio?
Non è che mi dia fastidio. Mi spiace se a volte un corridore non viene realmente apprezzato per quello che sta facendo, ma viene più criticato per quello che non è riuscito a fare. Questo è un discorso generale, non riferito solo alla mia persona. A volte ho l’impressione che o si vince o non si è fatto il proprio compito. Parlo a livello mediatico, nell’ambiente il mio lavoro, e quello di chi si mette a servizio della squadra, è riconosciuto. Sono molto felice di quello che pensano i miei colleghi sul campo. La squadra per cui corro mi ha rinnovato il contratto, vuol dire che faccio bene il mio lavoro.
Questo è figlio del tipo di carriera che hai avuto?
Sicuramente. Se passi professionista e la gente pensa che tu sia un corridore normale, cerca sempre di vedere il bello di quello che fai. Se invece ti ha sempre visto come il talento, quello che deve emergere e poi non ci è riuscito a pieno, automaticamente non viene mai visto l’aspetto positivo, ma sempre quello che non hai fatto. Se dovessi ispirarmi a un corridore, oggi mi ispiro molto a Bennati, che ha avuto una seconda parte di carriera in cui era uomo squadra. Non perché ora il suo nome è sulla bocca di tutti, essendo appena diventato c.t. della nazionale. È uno che ha dimostrato di saper vincere nella sua carriera, e poi si è messo a disposizione degli altri come uomo squadra. Vorrei essere un corridore come lui. Poi ovviamente io magari vado più forte in salita, lui era più velocista puro. Oggi posso dare più garanzie come uomo squadra. Poi ovvio, penso di poter ancora vincere e ho ancora qualche sogno nel cassetto. Ma la vivo con molta più serenità.
Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?
In ordine di prestigio, mi manca una tappa in un Grand Tour. Ho tantissimi podi tra Vuelta e Giro, ma non ho mai vinto una tappa. Mi piacerebbe farlo. Poi mi piacerebbe una classica, è un parolone dirlo ma un sogno non è un reato. Una classica mi piacerebbe, ma è oggettivamente molto difficile.
E tra le classiche, quale sarebbe la più adatta alle tue caratteristiche?
Nel 2017 mi sono sentito molto più vicino a provare a giocarmi il Fiandre che un’Amstel, che tutti dicono essere una corsa molto adatta alle mie caratteristiche. Quel giorno lì è stata la classica più prestigiosa in cui a 20 km dall’arrivo ero con i corridori che si sarebbero potuti giocare il successo. Ho provato anche a far bene alla Liegi, secondo me andavo bene in quel periodo, ma ho fatto dodicesimo. E non so se oggi riuscirei a garantire quei risultati lì, per combattere contro gli scalatori di oggi ci vuole una gran gamba. Al Fiandre invece conta di più la componente del “ti è girata bene”. Alla Liegi, con tutte le salite, è più difficile. O hai tanti watt o non riesci. Il Fiandre è il sogno in assoluto più grande.
Sei contento di rimanere all’Astana?
Molto. Quest’anno la squadra ha avuto alcuni momenti di instabilità gestionale, soprattutto per la questione degli sponsor principali. Sono contento che abbiamo preso una direzione.
L’anno prossimo sarà il tuo primo con Vincenzo Nibali in squadra. Che rapporto hai con lui?
Onestamente ho un rapporto di stima e di rispetto per quello che è, non abbiamo un rapporto più stretto per ora. Per me sarà da scoprire. Ovvio, lo conosco da una vita e ci siamo parlati, ma ancora ci dobbiamo conoscere reciprocamente.
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